A ricordo di .....
Francesco Maria Bruno
La Pacchiana Luzzese ( dipinto di Ciccio Bruno. Insegnante e storico locale).
Il dipinto sarà attenzionato dalla pro Loco la terra dei Lucij che nell'ambito del Museo etnografico già realizzato e sulla base di un progetto in via di definizione che dovrà arricchire con manufatti in ceramica alcuni luoghi del centro storico luzzese, realizzerà una gigantografia in ceramica che abbellirà una zona del centro storico da definire. Partner del progetto il Comune di Luzzi con l'assessorato alla Cultura, guidato da Maria Leone.
Foto Luigi Calderaro
COMPOSIZIONE DEL COSTUME TRADIZIONALE LUZZESE.
LA " PACCHIANA"
Il costume tradizionale luzzese, comunemente conosciuto come " Pacchiana" é composto di varie parti, quali:
"RITUORTU;': pezzuola di lino (tessuta utilizzando un apposito telaietto) di forma rettangolare dalle dimensioni approssimative di cm 60 di larghezza e cm 130 di lunghezza, le cui fasce laterali venivano ripiegate una sull'altra sulla sommità del capo e poi rivoltate all'indietro.
"NDRIZZATURU": nastro colorato tendente prevalentemente alle varie tonalità del rosso, del verde, dell'azzurro e del viola, con il quale si intrecciavano le due ciocche di capelli, portati lunghissimi, suddivise da una marcata scriminatura che partendo dalla fronte terminava all' occipite.
Una volta ottenute le due trecce, esse si avvolgevano attorno al capo a mò di corona.
Il colore del nastro determinava lo stato civile delle donne : solo quelle sposate potevano indossarlo di vari colori, mentre le nubili (sc-kette) e le vedove (cattive) dovevano intrecciare i propri capelli con un sottile nastro nero.
"CAMMISEDDRA": camiciola di candido cotone ornata intorno al collo da un merletto riccamente arricciato, cioè "murletta", i cui lembi terminavano al centro del seno ed erano tenuti uniti da bottoncini d'oro detti "buttuncini".
Le camiciole delle donne meno abbienti erano prive di merletto e i bottoncini d'oro erano sostituiti da semplici bottoni di madreperla o comunque bianchi.
"CAMMISOLA": corpetto di tessuto di vario tipo, dal velluto semplice al velluto in seta, dalla seta damascata al raso o semplicemente al cotone stampato, anch'esso dalle più svariate tonalità di colore prevalentemente tendenti al rosso, al verde, all'azzurra e al marrone.
Esso avvolgeva il busto della "pacchiana" esaltandone le forme della parte superiore del busto.
Su entrambi i lati del corpetto venivano cuciti cinque piccoli bottoni di colore bianco, che avevano la funzione di agganciarsi alle altrettante asole realizzate sulla "pittiglia" di cui parleremo di seguito. '!|
Sul lato posteriore del corpetto, in direzione del punto vita, veniva cucito un rotolo di stoffa, del diametro pressappoco di 3cm per una lunghezza di 35l40cm, detto "mazzacorda' che aveva la funzione di reggere la gonnella; infatti la sua fitta arricciatura, che richiedeva l'utilizzo di una considerevole lunghezza di tessuto (dai 3,5mt ai 4 mt) , lo rendeva particolarmente pesante.
"PITTIGLIA": tessuto dello stesso colore del corpetto, di forma trapezoidale che serviva
a coprire il seno e terminava sotto la cintura della gonnella "cammisuottu", orlato di un nastrino prevalentemente rosso detto " zagareddra,'.
A entrambi i lati venivano praticate cinque asole (una sopra il seno e quattro sotto) alle quali si agganciavano i bottoni del corpetto, con la funzione di reggere il seno.
"JIPPUNI": bustino giromaniche di colore prevalentemente nero in modo da fare contrasto con quello del corpetto, di cui ne lasciava scoperta la fascia centrale.
Al bustino si allacciavano nella parte superiore le soprammaniche in rasatello nero con un risvolto colorato guarnito di galloni d'oro o seta, mediante un nastrino colorato che si annodava a mò di fiocco detto "nocca".
"CAMMISUOTTU": gonnella confezionata interamente a mano utilizzando un pezzo di stoffa lungo quasi 4m che al girovita veniva arricciato fittamente e più volte per dare la massima ampiezza al resto dell' indumento. La parte superiore della gonnella era orlato da un nastrino colorato, che annodandosi alla vita, ne faceva combaciare i lembi rimasti senza cucitura per consentire di poter indossare il capo. Per coprire tale spazio si utilizzava infilare un fazzolettino nella gonnella.
( A cura della prof.ssa Rosaria Marchese )

Liriche di Francesco Maria Bruno

Pro loco "La terra dei Lucij" - Luzzi
INAUGURAZIONE DELLA VIA DELLA PACCHIANA .LUZZI: IL PRIMO PAESE DELLA CALABRIA CHE RENDE OMAGGIO AL COSTUME CALABRESE DELLA PACCHIANA CON UN GRANDE MOSAICO.
E' stata inaugurata e benedetta dal sacerdote Don Pierluigi Porco nel pomeriggio di oggi 30 agosto 2024 , la via della Pacchiana, con un mosaico del vestito luzzese realizzato dalle Ceramiche Maurizio Russo di Altomonte, coofinanziato dalla Fondazione CARICAL , con il Patrocinio del Comune. Siamo lieti di aver realizzato questo progetto in quanto dalle fonti che abbiamo a disposizione , Luzzi è l'unico paese in tutta la Calabria ad aver realizzato un mosaico del costume calabrese. La pro Loco la terra dei Lucij, con una elaborazione di un mosaico in ceramica del vestito luzzese , ha voluto rendere omaggio al vestito calabrese che a seconda delle aree geografiche di appartenenza assume aspetti diversi. Il mosaico è stato elaborato attraverso una foto realizzata dal fotografo Luigi Calderaro su un quadro dipinto dal M.stro Ciccio Bruno e che attualmente si trova presso l'associazione Anpas Life soccorso di Luzzi. Il mosaico è corredato da un'ampia descrizione della composizione del vestito luzzese, redatto dalla prof.ssa Rosaria Anna Marchese. Alla inaugurazione sono intervenuti per il taglio del nastro la Vicesindaca Dott.ssa Graziella D'Acri , l'Assessore alla Cultura dott.ssa Maria Leone e l'assessore ai lavori Pubblici Geom. Mario Murano, e l'assessore all'Urbanistica Danilo D'Andrea, l'ambasciatrice della Pro Loco la terra dei Lucij per le tradizioni popolari, Maria Romina Calabrese, la Presidente dell'associazione culturale Re genesis Elena Piluso La via è stata , inoltre arredata, con delle ceramiche , con alcuni detti luzzesi relativi alla civilta' contadina , per avere anche un collegamento con il museo etnografico della Pro Loco la terra dei Lucij .Oltre a ringraziare tutto il direttivo per una accorata partecipazione , desidero ringraziare il responsabile del Comune di Luzzi, Italo Marino che ha dato la massima disponibilità, tutti i lavoratori del Comune di Luzzi per i lavori eseguiti. Il socio, Valerio Ciardullo che ha seguito con scrupolosita' i lavori dando il suo contributo alla nostra iniziativa.Grazie infine alla Fondazione Carical che ha coofinanziato il progetto ed al dott. Oscar Durante , sempre vicino alla nostra associazione. Grazie infine al prof Salvatore Corchiola per il suo intervento sui valori elle tradizioni popolari.

ETTORE PARISE
(Luzzi 10 settembre 1914 - Paola 12 agosto 1984) umanista, educatore e stimato uomo politico.

Tratto da sito web di Salvatore Corchiola Vedi: https://salvatorecorchiola.blogspot.com/p/biografie.html
Ettore Parise, nasce a Luzzi il 10 settembre 1914 da Paolo e Teresina
Cilento. Un personaggio che non deve rimanere sconosciuto alle giovani
generazioni. Egli, infatti, ha il merito di aver contribuito, in misura
importante, a fare la storia e a far conoscere la nostra Luzzi.
Ettore Parise è stato un esempio, una guida, una luce per tanti giovani luzzesi
ansiosi di trovare riscontro nelle più efficaci attinenze con la vita pubblica.
Fu primo insegnante di lettere e poi Preside all'I.T.A.S. di Cosenza, dove si
distinse sia sotto l'aspetto didattico-professionale che umano.
Venne a Luzzi come Preside della Scuola Media Sperimentale, che egli stesso
intitolò al poeta luzzese "Luigi Genesio Coppa"1 e si distinse ancora sia
sul piano organizzativo che in quello pedagogico-sperimentale.
A Luzzi istituì i corsi serali, per dare a tutti la possibilità di conseguire
il titolo di licenza media. Il suo progetto era quello di far proseguire gli
studi a tutti quegli studenti che ne avevano interrotto la prosecuzione a causa
delle difficoltà familiari.
Sotto l'Amministrazione del senatore Smurra, come vicesindaco, divenne subito
un punto di riferimento per ogni iniziativa culturale e per questo senza mai
mancare ai suoi impegni di educatore. Seppe coinvolgere nel suo lavoro
professionisti di ogni ambiente sociale, soprattutto gli amici che ebbe più
vicini, e a lui rimasti legati, quali: il giornalista Michele Gioia con il
quale fondò nel 1977 "Il Veltro di Sambucina", l'avvocato Antonio Gardi, il
prof. Camillo D'angelo, il prof. Filippo Vivacqua, il prof. Luigi Aiello e
l'intraprendente Biagio Durante.

Ettore Parise, uomo di fine cultura, era un liberale convinto, aveva la capacità di dialogare con tutti, anche con quanti erano lontani dal suo mondo culturale o dalla sua appartenenza politica, mettendo sempre a suo agio, quale che fosse il suo livello culturale.

Ne conservo un ricordo
vivo, soprattutto per averlo avuto come insegnante di lettere e poi come
Preside alla scuola media. Chi lo ha conosciuto bene sa che, anche scrivendo in
prosa egli dimostra di essere un poeta. La scrittura era la sua passione
segreta.
La sua mirabile penna scrive: "[…] lo sguardo si posava muto e scolorato su
tutte le cose giacenti nella tetra immobilità dello spazio e nella malinconia
di quel tempo... Mi ricomparve nel silenzio delle seguenti notti, quando certe
veglie distaccano dall'oscurità le figure umane, vive o morte, meglio che dalla
luce lo stesso raggio di sole".
E ce lo ricorda ancora il suo più caro discepolo, prof. Antonio Crocco
dell'Università di Salerno, quando scrive: "Nobile figura di educatore e di
maestro, scrutatore profondo dell'animo dei giovani, nei quali infondeva sogni,
speranze, ideali, non spenti, ma ravvivati dal grande dramma della sua vita: la
perdita nel fiore degli anni della sua dolce e dilettissima Cecilia.
Spirito superiore, sereno e composto nelle sventure, appassionato cultore delle
memorie patrie, attento e sensibile ai valori della religiosità ed ai problemi
della vita sociale e politica".
Sognatore di alti ideali culturali ed etici, sulle orme di Gioacchino da Fiore
e di Dante, i due 'spiriti magni' spesso presenti al suo animo.
Muore all'ospedale di Paola (Cosenza) il 12 agosto 1984. Di lui rimane la sua
eredità scolastica, la sua eredità nel donarsi.
1 Nel verbale - del Collegio dei professori - 18 dicembre 1962 - attinente all'intitolazione della scuola al nome di Luigi Genesio Coppa egli scrive: "Le qualità del suo cuore, vibrante di eccelsi sentimenti e del suo intelletto, schiuso alle attrazioni più nobili della vita nel vario e perenne svolgimento di giorni e di opere, Luigi Genesio Coppa cantò in poesia […] negli aspetti della nostra gente e nelle visioni della nostra terra di Calabria".
Ancora vivo il ricordo di padre Egidio

Scritto da: Claudio Cortese
Ricordata la figura di padre Egidio Plastina in Sila. A sette anni dalla morte è stata organizzata anche quest'anno una giornata in memoria del luzzese padre Egidio Plastina dei Giuseppini del Murialdo. Numerosi amici provenienti da Luzzi, Rossano e Taranto si sono ritrovati come ogni anno presso il centro estivo "Casa Tabor" da lui realizzato e gestito per diverso tempo. I presenti hanno assistito nella mattinata di domenica scorsa alla Santa Messa concelebrata da Padre Antonio Lucente suo grande amico. Tutti insieme hanno poi consumato un frugale pasto rimembrando le diverse esperienze portate avanti da padre Egidio. Il sacerdote luzzese, prematuramente scomparso a causa di un brutto male, aveva raccolto durante la sua breve vita molto affetto da amici e semplici conoscenti che gli sono poi rimasti legati per sempre. Maturata la sua Padre Egidio era diventato un sacerdote di strada, un ministro di Dio che amava frequentare i quartieri popolari delle grandi città come Taranto, Rossano oppure Roma dove vi ha operato per tanti anni. Qui ha da sempre avuto una particolare attenzione per i giovani che rischiavano di cadere nella devianza, e con il suo calore e affetto li ha coinvolti in diverse attività regalando loro diverse e benefiche prospettive di vita. Si spendeva molto padre Egidio, chiamando a raccolta tutti coloro che potevano dare una mano per costruire un mondo migliore. Molti hanno risposto a quella chiamata, e oggi ancora tanti continuano la sua opera di accoglienza e di amore generoso, soprattutto verso i giovani.